top of page

IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO

Il sacrificio del cervo sacro racconta una storia tanto semplice quanto spietata. Lo scopo del regista Yorgos Lanthimos è quello di sconvolgere lo spettatore e ci riesce benissimo attraverso scene surreali ed angosciose. Il film non è altro che la trasposizione della tragedia greca "Ifigienia in Aulide" di Euripide in chiave moderna.

Il tragediografo ci racconta che le barche dei Greci, dirette verso Troia, sono bloccate sulla costa della Beozia a causa di una bonaccia. Secondo l'indovino Calcante solo sacrificando Ifigenia, la figlia di Agamennone, i venti torneranno ad essere favorevoli. Al momento del sacrificio, però, la ragazza scompare e viene sostituita con una cerva dalla dea Artemide. Anche in un episodio biblico succede lo stesso: durante il sacrificio di Isacco per mano di Abramo, Dio interviene e sostituisce il bambino con un ariete.

Nel corso della trama del film, invece, non c'è traccia di alcuna divinità salvifica. Anzi, Lanthimos sceglie come protagonista della sua opera una famiglia borghese per sottolineare che nessuno è al sicuro: più in alto si crede di essere e più rovinosa sarà la caduta.

La storia di Steven, di Anna e dei loro figli ha lo scopo di metterci dinnanzi ai nostri limiti, di ricordarci che siamo soli e che ogni nostra singola azione ha una conseguenza.

​

cervo-sacro.jpg

Trama in breve

Steven, un famoso cardiochirurgo, vive una vita felice ed appagante insieme alla moglie Anna e ai suoi due figli, Kim e Bob. L'uomo frequenta assiduamente anche un altro ragazzo di nome Martin: è il figlio di un suo ex paziente morto durante un'operazione a cuore aperto. Un giorno Steven decide di presentare il ragazzo alla sua famiglia. Da quel momento niente sarà più lo stesso perché cominceranno a verificarsi eventi sempre più inquietanti, che costringeranno il  padre di famiglia a compiere un sacrificio sconvolgente per non correre il rischio di perdere tutto.

​

 

Approfondimento

Questo lungometraggio presenta la struttura della tragedia classica, ovvero prologo, tre atti ed epilogo.

​

Nel prologo assistiamo ad un'operazione a cuore aperto. lo sguardo gelido di questo filmato chirurgico si qualifica immediatamente come oggettivo e impassibile, mero testimone di eventi umani osservati da una distanza imperturbabile.

​

Nel primo atto il regista procede con l'allestimento del dramma. La famiglia ci viene presentata in maniera asettica attraverso dialoghi futili: è come se ci venisse descritta ma non raccontata veramente. Le scene scivolano addosso allo spettatore, che non riesce ad entrare in empatia con i personaggi. La perfezione che trasuda dai membri della famiglia è talmente perfetta che lo spettatore ha l'impressione che niente possa scalfirla, neppure la presenza insistente ed invadente di Martin.

​

Nel secondo atto si diffonde la crisi: Bob e Kim si ammalano e Steven è costretto ad accettare, anche se con riluttanza, la profezia di Martin: dovrà scegliere quale membro della famiglia sacrificare, altrimenti li perderà tutti. Il disagio provocato dallo strano ragazzo dilaga.  I Murphy sono costretta a lasciare la loro casa idilliaca, simbolo di sicurezza, e a trasferirsi in ospedale, dove i bambini vengono sottoposti a diversi esami. Nei pochi momenti in cui i coniugi sono a casa, la dimora non ci viene più presentata perfetta ma assume atmosfere angoscianti. Anna e Steven cominciano a vedere la loro vita sotto un'altra prospettiva: quella della punibilità.

​

Nel terzo atto la climax aumenta fino a raggiungere l'apice. Steven sembra non rendersi conto della gravità della situazione: è come se fra lui e gli accadimenti si frapponesse una lastra di vetro che gli impedisce di vedere. Questo fino a quando Martin non gli spiega costa sta succedendo attraverso un esempio metaforico: gli afferra l'avambraccio e glielo morde a sangue, poi gli mostra che l'unico modo per farlo stare meglio è provocare la stessa ferita e dolore a se stesso. Insomma, siccome Steven ha ucciso il padre di Martin, poichè aveva bevuto prima dell'operazione, per rimediare deve privarsi di un membro della sua famiglia. Il sacrificio è indispensabile per ristabilire la giustizia.

Non riuscendo a scegliere chi uccidere e chi salvare, Steven si affida alla sorte. Il sacrificio viene compiuto attraverso un malato ‘girotondo’ con tanto di cappucci bianchi e neri (il colore bianco è simbolo dell'innocenza, quello nero della colpevolezza).

​

Muto, interamente rallentato e incardinato sul solo colloquio di sguardi, l'epilogo mostra il dopo, quando la volontà divina è stata finalmente compiuta. Le occhiate che i personaggi si lanciano a vicenda sono molto più potenti di qualsiasi parola o dialogo: avvertiamo timore e sollievo, rassegnazione e pacificazione, soggezione e soddisfazione, approvazione e riprovazione. Ciò che resta della famiglia Murphy esce dalla tavola calda sotto lo sguardo fisso e distante di Martin, che li lascia finalmente andare liberi, lacerati e responsabili, con addosso le cicatrici che si porteranno dietro per sempre.

​

sacreddeer.png

L'uso della macchina da presa

La macchina da presa non è mai immobile, il più delle volte si muove lentamente e sinuosamente, è imprevedibile e, complice della recitazione fredda e controllata degli attori, riesce ad ipnotizzare lo spettatore.

Lanthimos posiziona la macchina da presa sempre su piani sfalsati rispetto a quelli dei protagonisti, inquadrandoli dall’alto o dal basso quasi come fosse una camera di sorveglianza animata di vita propria, e all’inclinazione dell’inquadratura sceglie il più delle volte di abbinare delle lenti grandangolari, allo scopo di sfruttare l’effetto delle linee cadenti per costruire una sensazione di incombenza. Spesso l'inquadratura taglia fuori gli stessi personaggi, quasi fosse disinteressata alle vicende di quegli umani che tanto si affannano.

the-killing-of-a-sacred-deer-trailer-120

Conclusioni

Il sacrificio del cervo sacro è il film perfetto per chi è alla ricerca di qualcosa di diverso, per chi ha una grande passione per il cinema e ama soffermarsi sui dettagli o cercare quale significato si celi al di là della pellicola. E' un'opera ipnotica che riesce a mettere continuamente a disagio lo spettatore, attraverso la musica, le inquadrature ed i colori. Al termine del film si è sopraffatti da angoscia e inquietudine. E' uno di quei film che o si ama o si odia, uno di quei film che non basta guardare ma bisogna interpretare ciò che si vede. Un plauso anche alle interpretazioni ineccepibili di Nicole Kidman e di Colin Farrel. VOTO 7

bottom of page