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C'ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD

Vi dico la verità, vedendo nella locandina attori del calibro di Leonardo Dicaprio e Brad Pitt, ho scelto di vedere questo film a scatola chiusa, senza nemmeno aver visualizzato il trailer. Sapevo che non sarebbe stato un film semplice e dalla comprensione immediata, come tutti quelli di Quentin Tarantino, ma mai avrei pensato di annoiarmi tanto. Per non addormentarmi sulla comoda poltrona del Mutliplex, continuavo a cambiare posizione. Più i fatti si susseguivano e più non riuscivo a capire cosa il regista voleva dirci, certe scene mi sembravano inutili e superflue, messe lì solo per allungare il brodo. Le riprese infinite in macchina, con i personaggi di spalle, sul viale che conduceva fuori dal quartiere Cielo di Hollywood mi davano ormai alla nausea. Cercavo di concentrarmi ma non riuscivo davvero a seguire il filo del film. Sono uscita dal multisala consapevole del fatto che qualcosa mi era sfuggito, che non poteva essere un film senza senso, che probabilmente ero stata io a non essere pronta alla sua visione. Così, visto che non riuscivo a rassegnarmi e a darmi pace, nei giorni seguenti mi sono documentata.

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C'era una volta Hollywood non è un film per tutti, è una pellicola che va decodificata e per farlo occorre conoscere fatti che non vengono raccontati esplicitamente, in quanto il regista dà per certo che il pubblico li conosca già.

Insomma, per comprendere l'ultimo film di Quentin Tarantino occorre conoscere la vera storia di Sharon Tate, uccisa da Charles Manson nell'agosto del 1969, nella sua casa a Beverly Hills numero 10050 di Cielo Drive.

Ma procediamo con ordine. Charles Manson ebbe un'infanzia difficile: il padre fuggì appena seppe che sua madre era incinta e quest'ultima aveva solamente 16 anni. Crebbe vedendo la madre prostituirsi e commettere crimini; la sua adolescenza fu caratterizzata da frequenti scatti di ira. Presto anche lui stesso cominciò a rubare, entrava ed usciva dal carcere continuamente.

Nel 1967, dopo essere uscito da prigione per l'ennesima volta, iniziò ad adescare ragazze in difficoltà, ci faceva sesso e le convinceva ad unirsi al suo gruppo, quello che con il passare del tempo sarebbe diventato una vera e propria setta.

Dovete sapere che, alla fine degli anni Sessanta, a San Francisco ebbe luogo il cosiddetto "Summer of Love": ragazzi e ragazze problematici scappavano di casa e vivevano per strada senza fissa dimora. Per questi giovani, Manson divenne una specie di guru.

Tutti insieme si trasferirono a Los Angeles, precisamente a Spahn Movie Ranch, set di molti film Wastern ormai abbandonato. Il proprietario del posto, George Spahn, anziano, ammalato e cieco, permise alla Manson Family di trasferirsi lì in cambio di prestazioni sessuali da parte di almeno una dei membri della setta.

Tutti seguivano gli ordini di Charles: la mattina le ragazze si recavano in città in cerca di cibo, mentre il pomeriggio venivano organizzate sessioni di LSD che quasi sempre diventavano delle vere e proprie orgie. Manson si autodefiniva come la reincarnazione di Gesù Cristo.

Manson aveva però anche un altro sogno: diventare musicista. Tentò più volte di fare carriera, fino a quando il produttore Terry Melcher stroncò in maniera definitiva la sua aspirazione. E sapete dove abitava Terry Melcher? Al numero 10050 di Cielo Drive.

Ad ogni modo Manson arrivò ad indebitarsi con diversi spacciatori e, non riuscendo a pagare i suoi debiti, fu costretto ad ucciderli aiutato dai suoi seguaci. Quando un membro della Manson Family finì in carcere per scagionarlo dalle accuse, Charles spinse i suoi a commettere altri omicidi simili, in questo modo la polizia avrebbe pensato di aver arrestato la persona sbagliata.

Spinto da questo fine e anche dalla frustrazione per la sua carriera da musicista mai decollata, mandò alcuni dei suoi ragazzi al numero 10050 di Cielo Drive, e non importava se Terry Melcher non abitava più lì, chi viveva dentro quella casa doveva essere punito.

Dovete sapere che Manson aveva anche un'altra convinzione: ascoltando Helter Skelter dei Beatles, aveva sviluppato in sè il convincimento che presto sarebbe scoppiata una guerra razziale tra bianchi e neri. Durante questo conflitto, lui e la Manson Family si sarebbero rifugiati in un tunnel sotterraneo. Solo alla fine dello scontro sarebbero usciti fuori per guidare la nuova civiltà. Anche per questa motivazione, cioè per dare inizio a questo conflitto, nell'agosto del 1969 ci furono diversi omicidi. Le vittime dovevano essere persone bianche e la colpa doveva ricadere su cittadini afroamericani.

Fu così che, nella notte tra l'8 e il 9 agosto, Sharon Tate, che tra l'altro era incinta, venne uccisa nella sua casa insieme a tre suoi amici. Suo marito Roman Polanski sopravvisse in quanto era fuori, in Europa, a girare un nuovo film.

Per molti anni l'omicidio rimase senza colpevole, fino a quando Manson, in fuga verso il Nevada con i pochi seguaci che gli erano rimasti, venne arrestato. Fu condannato prima a morte poi, in seguito all'abolizione della pena, all'ergastolo.

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Quentin Tarantino ha costruito il film incatenando tra di loro accadimenti reali a fatti totalmente inviati. Ma fate attenzione, gli eventi che sembrano più assurdi e più surreali sono in realtà quelli veramente successi.

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Charles Manson compare nel corso della pellicola un'unica volta: mentre Clif Booth si trova sul tetto, intento a riparare l'antenna, lo vediamo suonare al campanello della casa di Sharon Tate e Roman Polanski. Quell'episodio è realmente accaduto ed è in quel momento che Charles scopre che il produttore Terry Melcher non abita più lì.

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Ma andiamo di pari passo con il film. Il protagonista è Rick Dalton ed è un po' lo specchio di Charles Manson. Ha da poco mollato una serie di successo western intitolata Bounty Law per cercare di avere successo anche nel cinema. Ma, proprio come Manson incontra difficoltà e non riesce ad avverare il suo sogno. Ogni volta gli viene assegnata la parte del cattivo ed ogni volta viene sconfitto dal buono di turno. Un'altra similitudine è il vivere in set western: Rick ci lavora, per Charles è la sua casa. Inoltre, per le riprese di un film, Rick viene vestito con un look molto simile a quello abituale di Charles: giubbotto di pelle con frange e capelli lunghi stile hippie. Al contrario di Manson, però, il personaggio di Dicaprio evolve durante il film. Su consiglio di Al Pacino, che può essere considerato l'alter ego di Tarantino stesso, Rick si recherà in Italia dove finalmente raggiungerà il successo interpretando la parte del buono.

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Cliff Booth, interpretato da Brad Pitt, accompagna per tutta la durata del film Rick Dalton: è la sua controfigura, ma anche il suo autista e il suo "tutore". E' lui a tirarlo su ogni volta che l'attore si sente un fallito. Il loro rapporto non è più una collaborazione lavorativa, ma una vera e propria amicizia. Il personaggio di Cliff è ispirato a un altro stuntman: Hal Needham, che riuscì nell'intento di far rivalutare il suo mestiere una volta considerato di classe b.

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Sia Rick Dalton che Cliff Booth sono personaggi inventati. Ad essere veramente esistiti sono, invece, Roman Polanski regista in piena scesa, Sharon Tate, sua moglie nonché attrice di successo, il suo ex Jay Sebring e l'altra coppia.

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Nel corso del film, troviamo anche il personaggio di Bruce Lee. L'attore fu veramente amico di Sharon Tate e veramente la allenò per girare la scena di combattimento che vediamo in C'era una volta a Hollywood. Nella vita reale Roman Polanski, fino a quando non vennero arrestati i veri colpevoli, sospettò della colpevolezza di Bruce Lee. Era convinto che fosse stato lui ad uccidere sua moglie e i suoi amici perché sulla scena del crimine vennero ritrovati degli occhiali da sole molto simili ai suoi. Quentin Tarantino gioca più con il dettaglio degli occhiali da sole nel corso del film proprio per questo motivo. La scena del combattimento tra Cliff e Bruce Lee, ad ogni modo, rimane un po' troppo sopra le righe. L'asiatico viene infatti ridicolizzato e sbeffeggiato dall'americano e, anche se C'era una volta a Hollywood è un film che non ha nulla di sobrio, probabilmente questa parte andava girata in un altro modo.

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Un'altra scena che può sembrare messa lì per caso è quella in cui Steve Mcqueen, durante una festa in piscina, parla delle vicessitudini di Sharon, Roman e Jay. In particolare, afferma che Jay sarà pronto a stare vicino a Sharon appena Roman commetterà uno sbaglio. Tarantino qui si riferisce sia alla notte dell'omicidio, durante la quale Roman era assente, ma anche a un crimine mostruoso di cui il regista verrà accusato nel 1977. Infatti, Polanski venne incolpato di aver drogato e abusato di una bambina di 13 anni. Il giorno del processo non si è presentato in tribunale, venne condannato e da allora è ricercato in quanto fuggì in Polonia.

Insomma, il cinema di Quentin Tarantino è pieno di riferimenti e di rimandi.

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C'era una volta a Hollywood può essere considerato come un omaggio al Cinema e a tutto il lavoro che c'è dietro alla realizzazione di un film. Permette al pubblico di conoscere il dietro alle quinte ed affronta diversi temi importanti che caratterizzano quest'ambito.

Per esempio, Al Pacino affronta l'argomento del divismo, ovvero delle strategie di marketing che da sempre vengono utilizzate per portare al successo un nuovo attore. Come abbiamo già detto, infatti, Rick Dalton viene utilizzato come cattivo per portare all'ascesa di nuovi giovani attori promettenti.

Oltre a questo, Quentin Tarantino vuole farci riflettere su un altro aspetto: spesso noi spettatori finiamo per non riconoscere l'attore ma solo il suo personaggio, come nel caso di Rick Dalton che puntualmente viene identificato con Bounty Law, o come quando Sharon Tate va al cinema e non viene riconosciuta.

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Ma torniamo al film, ci stiamo avvicinando al gran finale. Il personaggio di Rick Dalton cresce nel corso del film e matura. Lo vediamo andare a Roma e, finalmente, avere successo, si sposa e cambia a tal punto da non avere più bisogno di Cliff, sente che ora può andare avanti con le proprie gambe e, magari, cimentarsi nel Cinema d'autore. Proprio questa sua evoluzione gli permetterà di essere colui che risolverà la situazione nella conclusione del film.

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E' la notte tra l'8 e il 9 agosto, quando tre membri della Manson Family fanno irruzione nella casa di Rick Dalton. La scena è molto pulp, violenta e comica nello stesso tempo. Il clou lo si raggiunge quando Rick si arma del lanciafiamme per dare fuoco alla ragazza che, ferita ed isterica, cerca di accoltellarlo invano in piscina.

Avevamo visto già il lanciafiamme all'inizio del film, quando Rick Dalton l'aveva utilizzato in uno dei suoi ruoli contro i nazisti (chiaro riferimento sia a Bastardi senza gloria, sia alla credenza di un incombente conflitto raziale di Charles Manson). Allora l'attore lo maneggiava in modo insicuro e lamentandosi, ora, nel finale, lo utilizza con destrezza.

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Ma arriviamo al momento più toccante del film: Jay e Sharon chiedono preoccupati a Rick Dalton se stanno tutti bene. E' una scena straziante, dal forte impatto emotivo, in quanto tutti sappiamo che le cose nella vita reale sono andate in modo diverso, in realtà sono proprio i due giovani a non stare bene perchè sono stati uccisi brutalmente. La scena si svolge davanti al cancello di casa Polanski, chiari riferimento ai cancelli del Paradiso. Insomma, al termine del film dovremmo provare sollievo ma in realtà proviamo angoscia e tristezza. La scelta di cambiare il finale di Tarantino è azzeccatissima, riesce a rendere la drammaticità della situazione più di quanto avrebbe fatto mostrare l'omicidio.

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Insomma, C'era una volta Hollywood è un film complicato in cui è difficile districarsi. In un primo momento, riesci ad apprezzare solo la regia, la fotografia e le tecniche di ripresa. Ma se non ti fermi alla superficie ma vai affondo studiando ogni dettaglio riesci ad apprezzare tutto il resto.

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