10 GIORNI SENZA MAMMA
PREMESSA. Ho sempre pensato che il cinema italiano dovrebbe evolversi, in quanto è ed è stato sempre concentrato principalmente sulla commedia. I registi italiani dovrebbero trovare il coraggio di sperimentare qualcosa di nuovo, di fare del cinema impegnato.
Personalmente, non ho mai sopportato i cinepanettoni di De Sica e Boldi: fateci caso è la solita trama che si ripete, fatta di tradimenti, inganni e truffe. Sarò pesante e puntigliosa, ma a me la maggior parte delle scene fa più piangere che ridere.
A questi preferisco sicuramente le americanate tipo "Una notte da leoni", che per quanto esagerate ti strappano delle risate incontenibili, oppure i film di Alessandro Siani come "Benvenuti al sud".
Ho fatto questa premessa per dirvi che ogni volta che mi reco al cinema per vedere una commedia italiana parto sempre un po' prevenuta. Così è stato anche per 10 giorni senza mamma e, invece, devo dire che ho passato un'ora e mezza più che piacevole.

Il film racconta la storia di Carlo, un padre che si ritrova da un giorno all’altro a doversi prendere cura dei tre figli. La moglie, infatti, dopo anni in cui ha fatto tutto da sola, si concede dieci giorni a Cuba con la sorella. Carlo deve quindi occuparsi della figlia più grande, un'adolescente dark, di Tito, che ha 8 anni e più che un bambino sembra un terrorista, e della piccola di casa, che ha 3 anni e che ancora non ha imparato a parlare.
Per tutto il film si susseguono gag divertenti: vediamo De Luigi parlare come Jovanotti dopo aver perso i due denti davanti, alle prese con l’arrivo del primo ciclo della figlia e ossessionato dai mille messaggini delle chat delle mamme su Whatsapp. Tutto è pazzamente iperbolico. Ogni evento, capriccio, situazione o disavventura che incontrerà Carlo sulla sua strada sono ingigantiti fino all’eccesso, ma proprio per questo incisivi e funzionali.
Fabio De Luigi è bravissimo nell'interpretazione del ruolo dell'inadeguato, ha infatti un umorismo basato sul subire, essere vessato, nascondersi e arrabattarsi davanti a qualcuno che non lo stima.

Ma la comicità non è l'unico punto forte di questo film. Vengono, infatti, affrontate tematiche importanti riguardanti il mondo del lavoro e le dinamiche uomo-donna.
Tanto è vero che Carlo deve affrontare delle importanti difficoltà sul posto del lavoro: è subentrato nell'azienda un nuovo giovane impiegato che rischia di soffiargli il posto.
D'altro canto, la commedia di Alessandro Genovesi abbatte gli stereotipi mostrandoci una coppia che non è in crisi e ci fa riflettere sull’evoluzione della famiglia, nonché sull’oramai accertata intercambiabilità dei ruoli.
Ne consegue un finale che non è il solito happy end tradizionale senza ombre: infatti, Carlo verrà licenziato e deciderà di dedicarsi, almeno per il momento, a fare il "mammo", mentre sua moglie riprenderà la carriera di avvocato.

Degna di nota è pure l'interpretazione dei più piccoli. I tre giovani interpreti sono, per una volta, credibili, con la piccola e incomprensibile Bianca Usai a tratti straordinaria.
Inoltre, Alessandro Genovesi ha scelto di girare l’intero film con la macchina a mano, sostenendo che l’immagine imprecisa avrebbe reso l’idea di un video familiare girato da uno dei bambini.
E' il film ideale da vedere in famiglia tutti insieme. Non scende mai nella volgarità. le risate scaturiscono spontanee dalle scene di vita quotidiana in cui ogni mamma, papà o figlio non potrà che rispecchiarsi. VOTO 6,5.